Ricostruzione virtuale

Ricostruzione virtuale dei soffitti del Palazzo dei Diamanti

La decorazione dei soffitti delle tre stanze che formavano l’appartamento di Virginia de’ Medici, moglie di Cesare d’Este, nel Palazzo dei Diamanti costituisce un argomento di profondo interesse per la storia artistica della città.Carracci Le maestranze impiegate per intervenire nella sala del parto, la prima degli ambienti dell’ala nord “in capo al salone”, vengono arruolate in concomitanza con la prima gestazione della duchessa nel 1588, poi non andata a buon fine. Ma è da quel momento che nel cantiere della residenza sul Quadrivio degli Angeli si avvicendano tutte le personalità più importanti della scuola locale e non solo, al fine di realizzare un’impresa cruciale per la dinastia. Le decorazioni avrebbero infatti celebrato, in continuità con le grandi imprese artistiche estensi, la fioritura di una successione in grado di continuare ad assicurare il dominio della famiglia sulla città. Nel 1590, con la seconda gravidanza di Virginia, si mette mano ai soffitti della cosiddetta Camera Matrimoniale, la prima dell’infilata di stanze che affaccia su Corso Biagio Rossetti. Nel 1591 è la volta della Stanza del Parto, la seconda della serie, mentre l’anno successivo sono attestati i lavori nella Camera del Poggiolo. I soffitti delle tre camere presentano un’articolata struttura lignea ancora oggi esistente, mentre le tele che ne occupavano gli sfondati, in parte ottagonali e in parte ovali, commissionate a Giulio Belloni, Ippolito Scarsella, Domenico Mona, Gaspare Venturini, Annibale Carracci sono oggi in parte disperse, mentre un gruppo è conservato presso le Gallerie Estensi.Diamanti

Il punto di partenza per la ricostruzione della decorazione delle stanze su base documentaria è sicuramente la lettera del funzionario ducale Gaspare Prati che, il 2 aprile 1630, elenca i dipinti rimasti a Palazzo dei Diamanti, in tutto 59, da sottoporre all’attenzione di Francesco I d’Este, in cui si citano i soggetti mitologici rappresentati (la lettera è pubblicata per la prima volta da Adolfo Venturi nel 1882). A questa missiva si aggiunge la folta serie di carte emerse presso l’Archivio di Stato di Modena, grazie alle ricerche di Sonia Cavicchioli, Barbara Ghelfi e Andrea Marchesi. Le due studiose hanno tratto una serie di conclusioni parziali in alcuni scritti pubblicati a partire dal 1992 e poi via via aggiornati in contributi più recenti ma senza tuttavia raggiungere una lettura dell’assetto degli ambienti. Partendo da un riordino documentario capace di incrociare i diversi dati storici tratti dai documenti con i dipinti esistenti e con quelli citati dalle fonti, il progetto porterà a ricomporre virtualmente la decorazione originaria.