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Camici di silicio - Algoritmi o narrazioni alla base della reazione tra medico e paziente?
di Alessia Marcocci
Il 28 giugno 2019 il laboratorio di ricerca in Storia e comunicazione della scienza Design of Science dell’Università degli Studi di Ferrara ha organizzato, nell’ambito di un ciclo di conferenze dedicato a temi controversi tra scienza e società, l’incontro “Camici di Silicio”. A discutere di “algoritmi in medicina e rapporto medico-paziente” sono stati chiamati Maria Cecilia Cercato, oncologa ed epidemiologa dell’Istituto Regina Elena di Roma, e Gilberto Corbellini, docente di storia della medicina all’Università la Sapienza di Roma.
Relazioni (ed errori) umani, o intelligenza artificiale?
Cercato ha introdotto il concetto di “Medicina narrativa”, ovvero il recupero della relazione terapeutica tramite la narrazione. Basandosi sulla personale esperienza di curatrice, ha spiegato come in oncologia il dialogo, un diario giornaliero e la comunicazione costante con gli operatori sanitari rappresentino preziosi alleati per i pazienti: raccontare significa custodire la propria storia e non identificare tutto il proprio presente con una malattia impattante qual è un tumore. Inoltre il rapporto con il medico o con l’infermiere contribuisce ad allontanare il grigiore e la freddezza di sentirsi solo un numero o una cartella clinica, migliorando anche la risposta alle cure.
Corbellini ha invece sottolineato i vantaggi dell’intelligenza artificiale nel promuovere la precisione della diagnosi e l’accuratezza della terapia, a patto che l’essere umano stesso sia in grado di costruire sistemi informatici validi, funzionanti, sempre più completi e quindi molto complessi. Ha ipotizzato inoltre una diminuzione delle cause legali contro errori medici, visto che la responsabilità non può essere attribuita a un computer e questo ridurrebbe gli alti costi di una medicina difensiva che invece attualmente sta dilagando. Corbellini immagina i medici del futuro come esperti di algoritmi e ingloba questa trasformazione in un’evoluzione naturale storica del rapporto dell’uomo con la medicina e la salute.
L’intelligenza artificiale per migliorare la relazione terapeutica
Nella società si sta diffondendo il timore che l’intelligenza artificiale possa costituire una minaccia al ruolo del medico e dei professionisti sanitari in generale, indegnamente svalutati e sorpassati dal lavoro di un software. Tuttavia, è possibile sostenere che algoritmi e robotecnologie possano rappresentare al contrario un fattore migliorativo del rapporto medico paziente. Lasciare l’elaborazione dei dati ad un software sposterebbe il lavoro del medico verso l’uso del dialogo, la narrazione, l’utilizzo del rapporto umano nella sua unicità del momento. Questo potenzierebbe al massimo l’intuizione attraverso simultanee percezioni sensoriali visive, uditive, olfattive sul malato, fondamentali anche se non sufficienti per diagnosi, terapia e prognosi.
Pazienti incompetenti ma iperinformati
Perché questo avvenga è però necessario che le università formino nuovi medici, capaci di usare l’intelligenza artificiale e all’avanguardia con tutte le robotecnologie esistenti. Dall’altro lato però dovranno rafforzare la parte mancante all’algoritmo, dare spazio alle parole e affrontare un lavoro di comunicazione esplicativa, perché i pazienti saranno sempre più informati e informatizzati, abilissimi a usufruire direttamente delle applicazioni informatiche. Da questo punto di vista il medico, che nella tradizione antica è “colui che trova rimedi”, si trasforma in mediatore, colui che cura attraverso una mediazione competente tra malato e software. L’antica arte greca di guarire si converte nel nostro futuro iperconnesso in capacità di mediare, di partecipare attivamente a una diagnosi e a una soluzione terapeutica dentro una fitta rete di informazioni. La professione medica diviene un’attitudine a interporsi tra la preparazione scientifica ed un paziente non competente ma iperinformato e parzialmente gestore della propria salute.
Machine learning, big data, e-health: tecnologie informatiche per la salute
Ma quali sono nella pratica attuale le applicazioni giù utilizzabili o in arrivo in un futuro prossimo? Fondamentalmente appartengono a due ambiti: intelligenza artificiale e robotica. Come per i social network, l’Intelligenza artificiale si basa sul machine learning e la creazione di big data: in medicina viene detta e-health, sistema di tecnologie informatiche avanzate applicate in campo sanitario. Fotocopia del cervello umano, il machine learning e in modo più complesso il deep learning stanno alla base dell’intelligenza artificiale e sono costituiti da un sistema computerizzato di reti neurali interconnesse che raccoglie, memorizza e confronta informazioni in frazioni di secondo aggiornandosi in modo costante. I big data, ovvero la presenza fluida di milioni di dati a disposizione, vengono usati a favore dell’applicazione che ci interessa: nel confronto con l’essere umano che ha bisogno di tempo per imparare, si potrebbe dire che il sistema acquisisce un’esperienza ex novo. In un domani piuttosto vicino la diffusione della velocità di connessione 5G permetterà a qualsiasi dispositivo di essere strutturalmente e perennemente online, senza necessità di collegarsi a una linea.
Per le strutture sanitarie questo significherà miliardi di informazioni a disposizione, scambio, confronto istantaneo e quindi la possibilità di ottimizzare diagnosi, terapia e prognosi. Ma non solo. Vorrà dire anche perfezionamento del sistema organizzativo e gestionale della struttura. Contemporaneamente, l’uso dell’algoritmo per mano stessa del malato favorirà il controllo autonomo della patologia e produrrà dati continui in tempo reale; da parte degli operatori sanitari consentirà l’osservazione domiciliare a distanza dei pazienti cronici. Possiamo facilmente immaginare che in medicina le applicazioni si potranno estendere prima o poi a tutte le branche specialistiche.
Sono in commercio già da tempo dispositivi indossabili, in grado di monitorizzare frequenza cardiaca, pressione arteriosa, ossigenazione del sangue, che vengono usati soprattutto in ambito sportivo. Grazie allo sviluppo della tecnologia, ne verranno inventati di sempre più sofisticati per una gamma di malattie sempre più ampia. Basterà collegarli sullo smartphone tramite un’applicazione che abbia dei sensori specializzati per monitorare i parametri che ci interessano. In cardiologia, ad esempio, tali strumenti saranno capaci di diagnosticare rischi imminenti e prevenire malattie spesso improvvise come l’infarto. Nel diabete mellito un software specializzato potrà infondere insulina con tempi e dosaggi sempre più accurati e opportuni. Un’altra interessante applicazione si sta sviluppando nell’ambito della medicina personalizzata, verso la quale si sta dirigendo gran parte della ricerca medica: la disponibilità di un enorme numero di dati riguardo a un singolo paziente permette di studiare cure più specifiche e personalizzate, soprattutto nei soggetti con molte malattie, che assumono una grande quantità di farmaci. Inoltre, come anticipato da Corbellini nell’incontro di Ferrara, dagli ultimi studi emergono buone probabilità di trovare applicazioni di intelligenza artificiale in psichiatria, ambito in piena espansione e fitta ricerca, visto l’incremento di tali patologie rispetto al passato. Un recentissimo lavoro di Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, analizza vantaggi e aspetti critici di quella che viene chiamata “psichiatria digitale”. Interessante sarebbe approfondire quanto le malattie psichiatriche possano essere in aumento proprio a causa del dilagare dei social media, la rarefazione dei rapporti reali e, nel caso dell’e-health, l’eventuale interpretazione scorretta di dati medici.
Nel campo della robotica sono già disponibili oggetti tecnologici in grado di eseguire complesse procedure chirurgiche. In generale le tecniche robotizzate hanno il vantaggio di rispettare con estrema precisione l’esecuzione standard dell’intervento, che risulterà anche più “pulito”. Questo eviterà gli errori accidentali insieme all’eventuale tremore manuale, entrambi aspetti che possono certamente capitare ad un essere umano, soggetto mutevole ogni giorno diverso, con momenti di vita ed emozioni diverse. L’esempio più avanzato è un vero e proprio robot chiamato Da Vinci, in onore del genio Leonardo, operativo a livello mondiale dal 2000. Si tratta di un apparecchio informatizzato che opera direttamente sul malato, ma viene telecomandato da un chirurgo che si trova virtualmente immerso in un’immagine tridimensionale dentro il campo operatorio per poter agire “dall’interno” pur trovandosi lontano. Anche in questo caso ovviamente la precisione di taglio è molto avanzata, come la definizione delle immagini, ingrandite fino a dieci volte. Per il momento in Italia viene usato in poco più di cento strutture, prevalentemente in urologia e in chirurgia generale.
Se ci fermiamo a valutare anche soltanto i risvolti pratici decritti fin qui e tangibili già nel presente, non è difficile immaginare un sistema di competenze e utenze che si muove con attività circolare e reciproca. L’attività del medico viene migliorata con l’aiuto dell’algoritmo, consentendogli di risparmiare tempo ed energie, mentre si propone come intermediario autorevole nei confronti di un paziente sempre più esperto di informatica, aumentandone il benessere.